http://cappellateatrosangiacomo.blogspot.it/p/il-morgante_23.html

Circa quel musico .......


Circa quel musico…..
Lettere e racconti di un Cavallerizzo.

Atto Unico

Presentazione e introduzione

Una piccola commedia (un attore, una comparsa, un atto unico),  scritta con le parole delle lettere che il Conte Francesco Maria Zambeccari, da Napoli,  spedì al fratello  Alessandro, a Bologna. Francesco,  dal 10 luglio 1708 è a Palazzo Reale, .............
come dignitario sopraintendente delle scuderie di corte, cioè come Cavallerizzo,  a servizio del  ViceRè,  il cardinale Vincenzo Grimani, terzo ViceRè del Regno di Napoli da un anno sotto il dominio austriaco.  Da quel luglio del 1708, tutti i martedì,   fino all’estate del 1719, quando lascerà la città partenopea per Milano, Francesco scrive al fratello Alessandro, il maggiore di casa, rimasto a Bologna ad amministrare i beni familiari. Le lettere, trattandosi di una corrispondenza familiare e privata (fatte salve le convenienze che l’etichetta nobiliare imponeva), sono scritte in modo schietto e vivace e utilizzano un linguaggio  semplice, confidenziale, quotidiano,  a volte non privo di scurrilità.
Francesco dimostra di essere di carattere aperto, ironico e ciarliero e parla di quello che gli accade nella vita di tutti i giorni: dagli acciacchi fisici  alle ricette casalinghe per guarirli o a quelle adottate per preservarsi dalle pestilenze degli animali; dalla richiesta di denari  (per esempio, perché preso dalla necessità di comprare dei panni che lo proteggano  dal freddo invernale -  e scopriamo anche che a maggio, nel napoletano poteva nevicare!), alle lamentele per il persistente mancato arrivo del mensile familiare (quello appunto che Alessandro doveva mandargli, ma che non arrivava mai e, causa questi gravi ritardi,  il povero Francesco si trovava costretto a chiedere prestiti in giro sapendo già che non poteva onorarne la restituzione tanto che quando usciva di casa  doveva svicolare furtivo per evitare i creditori, lui il Cavallerizzo, il nobile Zambeccari, e speriamo che il ViceRè non lo venga mai a sapere!). E poi, più volte, nelle lettere  parla di odoroso tabacco (il suo preferito? il mezza grana lavato!), di corrieri e di posta, di ducati, di scudi e di fiorini, di scatole di tartaruga e di retine per la testa o di bastoni col  pomo, di guerra e di flotte armeggiate, di città bombardate, di turchi, di armistizi, di miracoli, di contenziosi legali (in corso a Roma da anni) e quindi di procuratori e di cose giuridiche e della necessità di elargire mance per ostentare una inesistente agiatezza economica che doveva servire ad acquisire quel prestigio e quell’ autorevolezza che potessero tornare utili nell’influenzare le soluzioni delle questioni legali.
E ancora,Francesco racconta di mille cose:  delle partenze in carrozza  alle due di notte ( come da ordinario servizio di posta) per il viaggio di ritorno da Roma a Napoli, o della sua visita al Papa, o della strada migliore per raggiungere Bologna; dei corrieri e  della tratta che percorrevano via terra e via mare pacchi e lettere, delle stufe d’Ischia e del fustagno per camicie e berrettini. In somma, una cronaca settimanale della una vita ordinaria di un nobile cavallerizzo,  indebitato e appassionato di tabacco e di musica.
Il  Padrone di Francesco, il Cardinale Vincenzo Grimani, apparteneva ad una antica e nobile famiglia veneziana. Vincenzo e il fratello Carlo erano appassionati cultori e mecenati di musica e teatro. Il fratello Carlo nel 1678 fonda a Venezia quello che sarà fino ai primi decenni del 700 uno dei più famosi teatri d’opera d’Europa,  il San Giovanni Grisostomo . Vincenzo, tra l’altro collezionista di opere e libretti,  si prodiga nell’attività musicale di librettista, scrivendo l’ Agrippina che, affidato per le musiche a Georg F. Handel, verrà  rappresentato nel teatro di famiglia, appunto  il San Giovanni Grisostomo.  
Era uso,  per le compagnie che allestivano a Napoli le nuove opere ( i due maggiori teatri cittadini sono quello di San Bartolomeo e quello dè Fiorentini), fare una prima esecuzione privata a Palazzo Reale, in favore del ViceRè, il famoso Grimani. Francesco come uomo di corte, evidentemente più esperto di altri nelle cose di musica,  era coinvolto nell’accoglienza e prima ancora nel reclutamento degli artisti. Questo spiega, perché nelle sue lettere al fratello, a parte la sua personale passione per la musica, vi siano tanti riferimenti a cantanti, a compositori e musicisti o a impresari ( come il mal sopportato Contarrini, capace solo di fare il gratiano!). Nelle lettere Francesco chiede più volte ad Alessandro informazioni su cantanti e canterine,  racconta aneddoti ( spesso vivaci e divertenti), esprime, senza tanti complimenti, giudizi e commenti. Ammira la voce e il  mirabile gesto scenico di Nicolino (Nicola Grimaldi ), adora la Margherita Durastanti  e la Santa Marchesini detta la  Marchesina; detesta la Francesca Miniati ( una canterina sgarbata e pettegola) e quell’ubriacona superba della Croce. Racconta della delusione avuta dalla Cerè e si complimenta con la città di Bologna per essere riuscita a liberarsi  di una tale schifenza.  E poi, confessa che  avrebbe voluto prendere sopra di sé la gestione del S. Bartolomeo,se non fosse per il fatto di non avere dennari più del semplice necessario.
Francesco, Cavallerizzo di Sua Eminenza il Cardinale Vincenzo Grimani,  ViceRè del Regno di Napoli, di  ritorno da una passeggiata, entra nella propria stanza, dove il servo Agostino, dilettante di liuto, lo aspetta con una nuova lettera del fratello Alessandro. Francesco dopo aver colmato il fornellino della pipa di fragrante mezza grana lavato,  la legge e declama la risposta ad Agostino, armato di penna e calamaio. Risponde punto per punto alla missiva del fratello. Tuttavia divaga, si disperde, interrompe il dettato per lasciarsi andare dove lo portano i flussi del pensiero,ma ….. in fretta, senza perdere tanto tempo, perché deve calare à basso à sentire la prima prova del Carlo Rè d’Alemagna,  che è dello Scarlatti.