RAPPRESENTAZIONE DI S. CECILIA
DI ANTONIO SPEZZANI
Rappresentata nella Confraternità di S.
MARIA dalla Neve, detta il Confa-
lone di Bologna, & nel Mo-
nasterio di S. Proco-
lo, quest’anno
1581
I N B O L O
G N A,
Nella Stamperia di Gio. Rossi.1581
Con licentia delli Superiori
Personaggi e interpreti in ordine di apparizione
Cecilia
Valeriano
Eleuterio
Teodora
Urbano
Venerabile Vecchio
Angelo
Tiburzio
Almachio, Prefetto
Massimo, Capitano
Pluto
Megera
Aletto
Tesifone
Alessandro Imperatore
Revisione del testo e coordinamento: Roberto
Cascio
Tra gli atti
Musiche di maestri di scuola romana di fine ‘500. Cappella Musicale di San Giacomo Maggiore
Atto primo
Timorosa, Cecilia
confessa a Valeriano, suo promesso sposo, di
aver consacrato a Cristo, a cui ha fatto dono di perpetua e casta
verginità, il proprio corpo e la propria
anima. Valeriano, confuso, incredulo,
stupito, cerca di distogliere l’amata da questa pericolosa frenesia.
Alle appassionate parole di Valeriano la giovane Cecilia , ferma quale
antica e ben nodosa quercia, non solo difende con tenacia le sue
convinzioni ma induce Valeriano ad
incontrarsi con chi possa insegnargli la fede del tanto amato Cristo: Urbano. Uomo d’età matura e di nobile d’aspetto
vive, bandito dall’Impero, tra le spelonche e le cavernose grotte, che si
trovano fuori Roma il terzo d’un miglio. Valeriano, accondiscendendo più per amore che
per convinzione, va alla ricerca del vecchio. Urbano vedendolo arrivare teme
sia qualche sicario dell’Impero venuto a prenderlo per portarlo in una città non ancor sazia di sangue nè di tante
membra sparse per la fede di Cristo. Tremebondo, Urbano risponde alle
domande dello sconosciuto ma, appena questi fa voce che è mandato da una serva di Cristo di nome
Cecilia, rinvigorisce e spiega al figliolo, con amore ed entusiasmo, i
principi della fede. Un angelo di Dio, sotto le sembianze di un venerabile
vecchio, porta dall’empireo cielo e porge a Valeriano, i sacri dogmi…incisi ..in
puro e celeste oro.
Atto secondo
Cecilia attende con ansia
il ritorno del suo amato. L’ Angelo, come giovane bello e leggiadro, appare
alla sposa e le confida che il suo fedel
consorte è divenuto grato al suo Signore. Sopraggiunge Valeriano ma, non già qual era prima. L’Angelo lo
accoglie. Fa avvicinare a sè i due giovani e li incorona di profumate ghirlande
di rose e gigli. A lui chiede ancora di esprimere un desiderio perché Dio vuole
concedere un’altra grazia al nuovo servo di Cristo. Valeriano desidera che
anche suo fratello Tiburzio sia illuminato e acceso dal divino raggio. Al
commiato dell’Angelo, quanto richiesto è
già avvenuto e mentre i giovani sposi ritornano, felici di essere di nuovo
uniti in un unico destino, incontrano uno stordito Tiburzio. Un amorevole
colloquio, dapprima giocoso e scherzoso
si tramuta in una congiunta e appassionata lode a Dio, tanto che il giovane
fratello, impressionato, chiede con fede il battesimo. Il fratello, felice, lo
conduce da Urbano.
Atto terzo
Siamo nelle stanze del
palazzo imperiale. Almacchio, il
Prefetto e Massimo, suo Capitano, discutono con sprezzante ironia della
stoltezza dei cristiani che condotti a
patir strazi e morti, par che vadano a trionfi, alle nozze e ai conviti e
che il loro unico scopo, quasi spreggiando
il bello vivere di questo mondo, non sia altro che l’uscir di vita. Il Senato di Roma, riunitosi, decide di inasprire
la caccia alla scellerata setta dei
cristiani e di fare esemplari vendette dei loro oltraggi. Valeriano e Tiburzio,
non sapendo di essere già sospettati e ricercati, di ritorno da Urbano vengono
riconosciuti , catturati e condotti dal Prefetto. Almacchio ascolta con fastidio le parole che i due fratelli,
per lui affascinati da qualche spirito
scellerato, gli rivolgono. Di fronte alla loro pertinacia, dileggiando il potere di Cristo, sentenzia
che ai due ribelli venga tagliato il
capo e che i loro corpi rimangano insepolti.
Atto quarto
Pluto, il Demonio,
l’Imperatore dei Regni Stigi, chiama a sé le Furie infernali, le sue fedeli
ancelle: Megera, Tesifone e Aletho. Odia
Cecilia, codarda e vile umana creatura
colpevole non solo di essere uscita fuor dal
suo gregge ma ancora di togliere altre anime alla sua servitù. Adirato da tale oltraggio, Pluto, ordina alle
Furie che il cuore di Alessandro Imperatore sia riempito d’ira, d’odio e di
furore verso tutti coloro che oseranno unirsi nella fede di Cristo. Cecilia,
intanto, turbata, aspetta con ansia il ritorno degli amati fratelli ma, Teodora
ed Eleuterio le daranno, commossi, la triste notizia. I corpi di Tiburzio e
Valeriano, giacciono senza vita e
insepolti. La sposa, affranta dal dolore e impietosita decide, nonostante le
gravi pene che un editto imperiale dispone per chi dà sepoltura ai corpi dei
cristiani, di seppellire quei santi e
sacri corpi, degni d’ogni onore.
Atto quinto
E’ il momento della
cattura e del processo a Cecilia. Accusata di aver tumulato i corpi dei due fratelli, viene condotta
davanti ad un Imperatore invasato e preda del maleficio. Cecilia subisce gli
assalti, le tentazioni e le crudeli e spaventose minacce che il maligno Pluto,
per il mezzo di Alessandro, adopera.
Almacchio, spietato e compiaciuto esecutore, escogiterà, (per un verdetto che già era stato emesso
nelle cavità infernali), una crudelissima pena: Cecilia deve essere immersa
nelle acque bollenti di un grande vaso. Ma, le acque infuocate si trasformano in un bagno soave e delicato.
Almacchio ordina dunque che all’iniqua Maga venga tagliato il scellerato capo. I tre colpi inferti al
collo non bastano ancora ad ucciderla. L’Angelo, veloce, appare ad Urbano e lo sollecita ad andare
subito al capezzale della dolce Cecilia, prima che l’anima abbandoni il venerando corpo. Con la benedizione del Nunzio
Celeste a Urbano e ai due fedeli servi, (che si affrettano verso Cecilia) si
chiude l’opera. La morte di Cecilia nella Rappresentazione non c’è, c’è invece
una morte che non si consuma, che non arriva, nonostante tutto, a decretare
l’inevitabile fine della vita terrena; quasi un’ allegoria ad una vita superiore che, come dicono le
ultime parole di Cecilia, mai finisce.
Roberto Cascio.